È una domenica mattina di fine febbraio, finalmente il sole splende alto nel cielo terso e due amici, un maschio e una femmina, stanno per imboccare il sentiero di montagna: oggi si arriva in cima! Sì… ma come?!?
Nel tragitto in macchina le aveva detto, divertito, che la camminata scelta ‘tirava’ (vale a dire, sentiero erto) e l’amica aveva replicato: “Vuoi che muoro?!?!”, come direbbe il giudice italoamericano di un famoso talent show culinario.
Il sentiero è preso e subito la via si inerpica, sale dritta. Fin dai primi passi richiede impegno e sforzo: una sfida impegnativa.
Gradini scavati dalla mano dell’uomo si alternano a rocce sconnesse, tratti stretti e ripidi.
Lei sente l’affanno, il fiato si fa corto, la testa gira e le gambe faticano ad essere agili, si muovono lente.
È una mental coach, non molla, ascolta il suo corpo e dialoga con mente e cuore: seppur con un po’ di fatica, affronta la situazione e procede.
Lui ogni tanto rallenta e si ferma ad aspettarla. E, in uno di questi momenti, le dice: “Dai! La parte più impegnativa è fatta! Qui, se vuoi, puoi prender la via che sale più dolcemente!”.
“Alice: quale via dovrei prendere? Gatto: dipende dove vuoi andare.
Alice: ma io non so dove andare. Gatto: allora non importa quale via prendere!”
Lewis Carroll
Si è presentata l’alternativa, una possibilità di scelta; lei decide di coglierla e prosegue per la via più morbida, quella che segue i tornanti del sentiero.
Mentre cammina, il fiato riprende un ritmo più naturale, le gambe procedono maggiormente sciolte.
Alza lo sguardo, osserva l’amico che si arrampica agile per la via ripida e, in un batter di ciglia, pensa all’articolo che vuole scrivere sul tema ‘Coaching e differenze di genere’.
Il suo dialogo interiore ne è felicissimo: finalmente può parlare tra sé e sé con tutta tranquillità!!
Ulisse e il suo flusso di coscienza… no, Penelope e il suo continuo tesser la tela
“Io ho scelto il sentiero dolce, lui la via dritta… queste preferenze personali e, ad esse collegate, le due diverse strade possono indicare, più ampiamente, differenze di genere?”.
Il percorso morbido ha le caratteristiche dell’accoglienza e della dolcezza. Offre un tempo e uno spazio in cui riflettere, ascoltare e ascoltarsi, compiere un’azione di analisi e autoanalisi. È una strada che accompagna, che si prende cura di chi la percorre.
Il percorso erto è diretto, ripido, sfidante. Richiede focalizzazione, concentrazione, determinazione, velocità. Mette alla prova e spinge all’azione chi lo intraprende, con un tocco di sana competizione.
Le caratteristiche del primo sono tipicamente associate all’universo femminile e quelle del secondo al mondo maschile. Da una parte quindi le donne con una maggiore attenzione all’ascolto, all’aver cura di, all’accudire. Dall’altra gli uomini più portati all’agire, al fare.
Un libro di grande successo non ci dice, appunto, che gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere? Due pianeti e, soprattutto, archetipi differenti tra loro e con proprie peculiarità.
Riflette sul suo modo di intendere e agire il Coaching: sicuramente ha le proprie fondamenta nell’accoglienza, nell’ascolto, nell’accudimento e nella cura. Caratteristiche, per altro, che ha potuto osservare anche in altre colleghe. Mentre conosce alcuni colleghi che utilizzano un approccio più focalizzato e sospinto all’azione.
È materiale sufficiente, questo, per poter affermare che esista una modalità più femminile e una più maschile di essere e fare il/la coach?
Le vengono subito in mente un paio di coach donne che adottano uno stile ‘maschile’ e, ugualmente, colleghi che usano un taglio più ‘femminile’. Sono le classiche eccezioni che confermano la regola? Lei stessa, nella sua attività, utilizza la sfida, la focalizzazione, spinge all’azione i/le coachee.
Il Coaching è una metodologia nella quale si utilizzano tutte le caratteristiche che lei ha individuato nei due sentieri di montagna.
Può darsi che con un coachee ne vadano agite alcune, con una coachee delle altre; in alcuni momenti di un percorso è più funzionale adottarne certe, che invece non sono utili in altre situazioni.
La bellezza del Coaching è la sua flessibilità e varietà.
Ben venga, dunque, che ci siano più approcci, differenti modalità; avendo come punto d’attenzione il fatto che non si irrigidiscano né si fossilizzino in sterili stereotipi. Al contrario, è importante che le diversità possano incontrarsi, integrarsi, contaminarsi, dando vita a stili personali e poliedrici.
Si ferma per un istante, guarda la vetta: è lì, davanti a lei, ancora qualche passo e anche l’ultimo tratto è percorso.
È in cima! Obiettivo raggiunto! Il sole è alto nel cielo limpido, la veduta gonfia il cuore: in lontananza si vede nitidamente il Monte Rosa.
Nelle orecchie il suono del silenzio e della natura. Nel corpo la stanchezza lascia il posto a sensazioni di soddisfazione, benessere, pace e serenità.
“Si va in montagna per essere liberi,
per scuotersi dalle spalle tutte le catene che la convivenza sociale impone,
per non inciampare ogni due passi in imposizioni e proibizioni.
Si va in montagna anche per sottrarsi a norme ammuffite,
per sbizzarrirsi una buona volta e immagazzinare nuove energie.”
Tita Piaz
È ora di scendere.
Respira profondamente e sorride; è pronta: percorrerà la via dritta, ripida, veloce. Vuole tornare a casa e scrivere l’articolo.
Da oggi, grazie allo stimolo e alla sfida di un amico – maschio – il suo zaino di coach contiene un paio di ‘attrezzi’ in più.
Le differenze di genere come valore aggiunto al suo essere coach donna, femmina.
Pubblicato su CoachMag N° 14